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Un grato ricordo del padre Julio Meinvielle

dottrina sociale chiesa fede osservatorio van thuan Aug 01, 2023

Vi proponiamo questa intervista Un grato ricordo del padre Julio Meinvielle. Intervista al professore p. Arturo Ruiz Freites IVE – Osservatorio Card. Van Thuân (vanthuanobservatory.com)

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[Ringraziamo il professore padre Arturo Ruiz Freites IVE per averci rilasciato questa intervista su un autore che egli conosce molto bene, essendone tra i massimi studiosi. Su padre Meinvielle è appena uscito un suo agile volumetto in lingua spagnola che raccomandiamo perché presenta in breve la figura di Meinvielle in tutti i suoi aspetti: El coraje de la Verdad. Padre Julio Meinvielle (1905-1973). Ricordiamo anche che il professore Ruiz Freites ha curato l’edizione italiana di un testo fondamentale di padre Meinvielle “La concezione cattolica della politica”, Edizioni Settecolori 2011].

 Dovendo esprimersi in poche parole, cosa direbbe di padre Julio Meinvielle per presentarlo adeguatamente a chi non lo conosce?

Padre Julio Meinvielle è stato un sacerdote diocesano di Buenos Aires, Argentina, parroco di numerose iniziative pastorali e intellettuale molto attivo, nella scuola del Magistero della Chiesa e di San Tommaso d’Aquino. Tutta la sua vita e la sua attività furono impregnate dal suo essere sacerdote, non soltanto per la sua parrocchia ma impegnato nella dimensione universale per illuminare con la dottrina cattolica le problematiche della contemporaneità nella Chiesa e nel mondo. Nato nel 1905, seguì da ragazzo la vocazione sacerdotale, prima nel Seminario minore, poi nel Seminario Maggiore dottorandosi in Filosofia e Teologia ed essendo stato ordinato sacerdote nel 1930. Nominato poco dopo primo parroco della appena eretta parrocchia Nostra Signora della Salute, nel quartiere di Versailles, periferia di Buenos Aires, costruì il tempio parrocchiale e sviluppò una instancabile cura pastorale. Gli si debbono diverse opere: fu co-fondatore della Azione Cattolica Argentina (1934), dai suoi campeggi giovanili nacque il primo centro della Union di Scouts Cattolici Argentini, fondò la Gioventù Operaia Cattolica e l’Ateneo Popolare di Versailles, centro culturale, sociale e sportivo parrocchiale che presiedette fino alla morte.

Contemporaneamente, e per tutta la vita, esercitò un intenso apostolato intellettuale: autore di numerosi saggi e conferenziere strenuo, raggruppava ogni settimana giovani studenti per lo studio della Somma di Teologia di San Tommaso, fu co-fondatore della Università Cattolica Argentina, della Società tomista argentina e dell’Istituto di Filosofia prattica, istituzioni oggi attive. Ha meritato un posto nel “Lessico di tomisti” (Thomistenlexikon, Nova & Vetera, Bonn 2006). Molte delle sue opere sono oggi rieditate e ripubblicate in diverse lingue oltre all’originale spagnolo: italiano, francese, portoghese e tedesco.

– Quali sono stati i temi principali della sua ricerca e riflessione?

Si è occupato innanzitutto di filosofia e teologia della politica: precisiamo che non nel senso della “teologia politica” secolarizzante come quelle di Metz o delle teologie della liberazione, anzi all’inverso, pensando la politica nella sua propria realtà morale alla luce della destinazione degli uomini all’ultimo fine soprannaturale dell’unione con Dio nella Gerusalemme celeste, dai princìpi della dottrina sociale e politica della Chiesa e della filosofia politica classica e dall’esperienza della vita concreta di popoli. Magistrale è la sua Concezione Cattolica della Politica (1932), opera dei suoi esordi ma molto matura, diventata un classico. Segnaliamo qui anche Concezione cattolica dell’economia (1936), poi rielaborato in Concetti fondamentali dell’economia (1953). Poi nell’ambito della teologia della storia ha analizzato a partire dal compito irrinunciabile dell’edificazione della Cristianità, Civiltà Cristiana o Città Cattolica, come emerge della teologia morale, i fenomeni del processo storico delle rivoluzioni anticristiane socio-politico-culturali in Occidente: dalla decadenza medioevale, passando per il protestantesimo, l’illuminismo, la rivoluzione francese, il comunismo e la rivoluzione bolscevica fino alla dissoluzione esistenzialista. Speciale attenzione prestò perciò alle ideologie totalitarie che hanno alla radice quel processo fondato a sua volta nel processo d’immanenza del pensiero filosofico, e cioè la sostituzione della filosofia dell’essere, il realismo, con la gnosi, specialmente nel idealismo di Hegel e nel materialismo marxista. Il primo assolutizzando il pensiero puro nella sua indeterminazione di possibilità della quale emergono i fenomeni storici in dialettica di auto-negazione, relativizzando dunque ogni realtà oggettiva in prosecuzione dell’auto-coscienza di possibilità assoluta del pensiero; il secondo facendo una trasposizione del sistema di Hegel in un processo, in una simile lotta dialettica storica, di auto-coscienza di indeterminazione della materia come indifferenza o indeterminazione pura: il comunismo. Sorsero così i suoi saggi: I tre popoli biblici nella loro lotta per la dominazione del mondo (1937), L’ebreo nel mistero della storia (1937), Cosa ne verrà fuori dalla Spagna che sanguina (1937), Tra la Chiesa e il Reich (1937), Verso la Cristianità (1940), Il comunismo nella rivoluzione anticristiana (1961), Il potere distruttivo della dialettica comunista (1962).

Rilevante fu la sua polemica contro il liberalismo pseudo-cattolico di Jacques Maritain, che incominciò nella refutazione della postura pro-repubblicana e secolarista del noto filosofo francese sulla guerra civile spagnola in Cosa ne verrà fuori dalla Spagna che sanguina, e poi seguì con la critica della teoria di Maritain sulla “nuova cristianità” del suo Umanesimo integrale, che scindeva praticamente la realtà socio-politica e il bene comune dall’ordine morale e dunque della subordinazione al fine ultimo, e la critica alla pretesa maritainiana di fondare la sua teoria nella dualistica scissione fra individuo e persona, relegando la dimensione trascendente e religiosa dell’essere umano al solo ambito privato. Pubblicò Meinvielle così i suoi saggi Da Lamennais a Maritain (1945) e Critica della concezione di Maritain sulla persona umana (1948) e lo scambio epistolare sull’argomento: Corrispondenza con il Padre Garrigou-Lagrange a proposito di Lamennais e Maritain (1947) e Risposta a due lettere di Maritain al R. P. Garrigou-Lagrange (1948). Poi tornò su questo più tarde in alcuni articoli, come un comento a Le Paysan de la Garonne del Maritain, già negli anni ‘60.

Numerose furono le sue conferenze, pubblicate in opuscoli, sulla realtà e gli eventi politici (specialmente nella storia contemporanea argentina) ed ecclesiastici.

Si distaccò per il discernimento temprano sul fenomeno del progressismo nel ambito del pensiero e la vita della Chiesa, e, insieme a indicare Maritain come uno dei responsabili della deriva progressista verso il liberalismo e il relativismo indifferentista, ossia il secolarismo, nella pastorale sociale ecclesiastica, intervenne denunciando il panteismo gnostico evoluzionista di Pierre Teilhard de Chardin con La cosmovisione di Teilhard de Chardin (1960) e Teilhard de Chardin o la religione dell’evoluzione (1966) e la gnosi hegeliana del pensiero del più noto dei teologi progressisti, Karl Rahner. Si occupò ben in sette scritti sul Rahner, incluso con l’ultimo suo articolo pubblicato poco prima di morire. La preoccupazione per la retta ed autentica interpretazione del Magistero lo portò a pubblicare La Ecclesiam suam e il progressismo cristiano (1964); Riguardo al progressismo cristiano (1964, opuscolo che raccoglie tre sue conferenze); e, appena finito il Concilio Vaticano II, La dichiarazione conciliare sulla libertà religiosa e la dottrina tradizionale (1966) e il suo importante libro La Chiesa e il mondo moderno (1966), dove spiega il Concilio come atto di misericordia della Chiesa verso l’umanità contemporanea e denuncia ampiamente e in dettaglio le già insorgenti mistificazioni interpretative.

L’ultimo suo libro, il più importante e monumentale, Dalla cabala al progressismo (1970), analizza tutto il percorso storico del pensiero gnostico-monista contrapposto al realismo cattolico fondato nella distinzione reale fra Dio l’essere infinito e supremo e le sue creature, gli enti dipendenti e causati. Espone così la matrice gnostica dell’insorgenza di tanti errori nella teologia contemporanea, e più sistematicamente in Teilhard e Rahner. Nella conclusione avverte, profeticamente, che se non si pone freno alla diffusione dell’influsso del pensiero di tipo gnostico che relativizza e storicizza ogni realtà e verità oggettiva, avverrà nella Chiesa ciò che purtroppo oggi stiamo vedendo… Ma lui è incommovibile nella certezza della fede nell’indefettibilità della Chiesa e che “le porte dell’inferno non prevarranno” contro di essa.

– Dovendo indicare la sua opera principale quale segnalerebbe?

Dalla cabala al progressismo. Ho curato personalmente una riedizione scientifica in spagnolo, aggiornando note e bibliografia, pubblicata da ED.IVI nel 2013. Pubblicato in francese non molto tempo fa, dalle edizioni primitive. In italiano, curata da Don Ennio Innocenti, fu pubblicata una versione ma non in tutto comprendente l’originale (Influsso dello gnosticismo ebraico in ambiente cristiano, Roma 1988 e 1995) e più recentemente e integrale (stimo che dalle edizioni primitive) da Effedieffe (Dalla Cabala al Progressismo, 2018).

– Quali testi consiglierebbe a chi volesse conoscere meglio questo autore?

Inoltre a quello appena indicato, segnalo altri tre testi principali: La Concezione cattolica della Politica, ne ho curato una traduzione italiana che include una mia biografia di Meinvielle (Settecolori 2011; Verbum Incarnatum Press 2022, reperibile su Amazon); Il comunismo nella rivoluzione anticristiana (una molto pedagogica esposizione del significato antropologico e politico-sociale del processo storico delle rivoluzioni, più volte ristampato ma non c’è ancora in italiano, sto lentamente preparandone l’edizione); La Chiesa e il mondo moderno (idem sulla situazione editoriale, ma per chi legge lo spagnolo vedrà come già nell’anno ’66 Meinvielle espone ciò che Papa Benedetto chiamò, attorno al Concilio Vaticano II, la contrapposizione dell’ermeneutica della ruptura contro quella della interpretazione autentica nella continuità).

Per chi volesse saperne di più sulla sua persona e sulla sua opera, rimando alla recente biografia che ho pubblicato in spagnolo (Arturo A. Ruiz Freites, El coraje de la verdad. Padre Julio Meinvielle 1905-1973, EIE 2023, reperibile su Amazon) e che è disponibile anche in italiano nell’ultima edizione da me curata del suo libro Concezione cattolica della Politica (VIP 2022, anche reperibile su Amazon).

– Cosa lega il pensiero di padre Meinvielle e la Dottrina sociale della Chiesa?

Ciò che sta ben espresso nel titolo dell’enciclica di San Giovanni Paolo II Sollicitudo rei socialis (1987) e ciò che segnala anche Papa Benedetto già nel titolo della sua enciclica Caritas in veritate: il zelo apostolico sacerdotale non può prescindere di illuminare con la verità dei princìpi perenni della teologia morale la realtà socio-politica e storica perché il bene comune politico-temporale che essa deve procurare è sia un’esigenza morale per ogni cristiano, sia un fine intermedio coadiuvante alla salvezza delle anime che la Chiesa procura come ultimo fine soprannaturale al che Dio destina ogni uomo. E occorre formare i laici per questo compito irrinunciabile, come ci chiede il decreto Apostolicam actuositatem del Concilio Vaticano II. La società umana, se non è anche essa in quanto tale risanata ed elevata dalla grazia a Cristianità, resta nella dimensione della natura caduta per il peccato originale e a mercè di tutti i disordini morali. Perciò Padre Julio Meinvielle resta di perenne attualità come uno dei grandi maestri della Dottrina Sociale.