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STOP ALLA VIROFOBIA: un 8 marzo diverso

davide lovat Mar 10, 2023

Una rigorosa premessa: io sono inattaccabile sull'impegno a valorizzare la femminilità, avendo tenuto in pubblico numerose conferenze su questo tema. Da cattolico, ho in Maria Santissima il riferimento costante e nella figura materna, muliebre, accogliente, premurosa, intuitiva, sensibile, generosa, allegra e aperta alla vita, l'ideale della donna riscontrato in tante donne che ho conosciuto.

Le tante ingiustizie che oggi ancora nel mondo si infliggono alle donne, soprattutto nel mondo islamico, in Cina, in Africa; le tante assurde discriminazioni che ancora permangono anche negli Stati più evoluti, sono cose gravi e nulla io dimentico. La mia vita è testimonianza d'impegno contro questi errori. Ma... C'è un MA grande come una casa che emerge a causa della violenta strumentalizzazione in chiave anti maschile e, soprattutto, "anti padre" che connota la festa della donna in Occidente, per colpa di un femminismo prono a poteri che mirano alla distruzione dell'essere umano per come è sempre stato, con la sostituzione in chiave gnostica di un "uomo nuovo" gender fluid, sottomesso alla tecnica, deprivato della spiritualità e ridotto alla schiavitù del consumismo fine a se stesso.

Pertanto in questo articolo vado contro corrente e inizio coniando un neologismo: VIROFOBIA, ovvero avversione verso ciò che è maschio e virile.

In questo giorno il mio pensiero va, perciò, ai maschi che in questo momento affondano nel fango gelido del Donbass, nelle trincee del fronte, da una parte e dall'altra, con il pensiero rivolto alle donne a casa: la mamma, la moglie, la fidanzata, la sorella, la figlia, la nonna. Va ai minatori, che per una paga reputata onesta distruggono la loro salute scavando metalli per l'industria, rischiando la vita tra fatiche disumane, al buio, sottoterra. Va a chi asfalta le strade di notte, in inverno, con le luci artificiali, o d'estate, sotto la canicola, e con le macchine che sfrecciano a migliaia, a due metri da loro, e per ognuna ci si raccomanda l'anima al Signore. Va ai tanti muratori con le mani callose e piagate al tempo stesso, sporche di calce, che definiscono "lavoro" dei turni massacranti, in ginocchio, su tavole di legno o su gettate di cemento freddo e umido, su impalcature provvisorie, con qualsiasi clima, per almeno otto ore al giorno, e se basta... Va ai camionisti, che divorano migliaia di kilometri tra un magazzino e un porto, tra uno stabilimento e un cantiere, dormendo e mangiando per strada, facendo i facchini oltre agli autisti. Va a tutti quelli che subiscono e sopportano violenze psicologiche continue dalla consorte, con pazienza, per solo amore dei figli e della famiglia, per senso del dovere, per onestà, per ricordo di quando lei era diversa, per quell'amore che in un maschio serio non muore mai, nemmeno di fronte all'evidenza, per un eroismo incompreso che è solo maschile.

Dio è Padre. Non dimentichiamolo. Non lo dimentichino mai nemmeno le donne credenti (le altre sono incommentabili) che nella giustizia di voler rivendicare il giusto e dovuto rispetto rischiano di farsi trascinare nella "virofobia", cioè nel disprezzo del maschio. La civiltà umana si fonda sull'alleanza antropologica tra maschio e femmina, tra femmina e maschio, nella reciprocità donante e accogliente. Se si scade nella contrapposizione, nella lotta, nella guerra tra i sessi, si finisce per distruggere la civiltà e per darla vinta a chi vuole dividere ciò che Dio ha unito. In ultima parola, il femminismo ideologico è dalla parte di colui che divide: il Diavolo.