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Per Chi siamo preziosi?

bioetica massimo micaletti radio spada Sep 02, 2023

Quanto vale una persona? Quanto vale la sua dignità? E quel valore è intrinseco o esiste solo se lo riconoscono gli altri?

Sono domande che la Bioetica affronta praticamente da quando è nata, sono domande la cui risposta è la stessa ragion d’essere della Bioetica. Ma riguardano solo la Bioetica?

Leggendo gli ultimi fatti di cronaca, parrebbe di no. Il valore di ciascuno, in una società individualista oltre ogni ragionevolezza, parrebbe un dato scontato: in una cultura (solo all’apparenza) massimamente liberale quale è quella in cui ci par di vivere, si sarebbe portati a credere che l’individuo, il soggetto uomo (o meglio, gli uomini a cui è riconosciuta soggettività, ma questa è un’altra storia) siano il vertice della scala morale, la pietra di paragone su cui tutte le altre devono frangersi: famiglia, verità, coscienza, memoria e Dio soprattutto devono soccombere innanzi alla pervasiva maestà del soggetto uomo. Ciascuno è più forte di tutto, ciascuno può decidere tutto e tutto ciò che ha deciso e riconosciuto è vero.

E’ davvero così? No.

Non è così perché la civiltà in cui siamo immersi, in realtà, non ha minimamente a cuore il soggetto – la persona – bensì si regge sulla feroce difesa della libertà che, svincolata dalla verità, diventa mera volontà sovente irresponsabile e sempre giustificata in re ipsa. La premessa è l’errore per cui difendendo (non la libertà ma) la volontà difendo per ciò stesso l’individuo: la logica conseguenza è che il valore di ognuno sta nella sua libertà cosicché ciascuno vale in quanto libero o, meglio, in quanto capace di volere. La volontà può dunque lecitamente prevalere sulla vita stessa di chi la manifesta o anche di un altro che si trova in condizioni di debolezza. Potremmo tornare ai temi bioetici menzionando l’eutanasia, in cui la volontà del soggetto che asseconda il proposito suicidario espresso dal sopprimendo (o da chi ritiene di poterlo ricostruire) vince sulla vita di quest’ultimo, o l’aborto, pratica in cui la volontà del medico di assecondare l’intenzione della gestante soppianta la vita del concepito. Ma si può andare oltre.

L’arroganza cieca della volontà può arrivare a rendere lecito e condivisibile – e arriviamo a questi giorni – il fatto che una ragazza a una festa si ubriachi fino a non capir nulla. Ora, se una persona – pur molto giovane – beve fino a stordirsi, significa che ella ha perso completamente il senso del proprio valore: ella per sé stessa non vale, o comunque vale meno di qualche drink e un po’ di allegria (quanta allegria, poi?). L’azione gravissima e massimamente riprovevole dei soggetti che poi approfittano della condizione di incoscienza di questa persona non scalfisce il dato oggettivo che farsi male con l’alcol è perdere di vista il proprio valore. Che, è bene ricordarlo, è immenso dinanzi a Dio, che ci conosce e ci ama già nel grembo di nostra madre.

Torniamo dunque all’inizio del ragionamento: quanto vale una persona? Vale di per sé o per quanto valga per gli altri? Devastarsi con la droga, l’alcol o qualsiasi altro mezzo di perdita di coscienza vuol dire affidare la difesa della propria dignità alla persona che sta con noi o magari allo sconosciuto in cui ci imbatteremo: e per costui potremmo essere meno di zero, solo un giocattolo di cui approfittare finché si rompe, magari nella certezza che, in fin dei conti, nessuno ha fatto nulla di male. Significa dire “Io non voglio valer nulla: valgo quello che vuoi tu”: cosa c’è di peggio per una persona che esistere solo a piacimento di un’altra?

Se si avesse presente quanto siamo importanti per Dio (“siete stati comprati a caro prezzo”) e per chi ci vuol bene quaggiù, sarebbe più facile aver presente quanto siamo importanti anche per noi stessi. E tante orrende cose, forse, non accadrebbero.