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Miriam, angelo e il significato dell'amore

amore il detonatore matteo fais May 20, 2023

Immaginate di aver trovato la persona giusta con cui trascorrere il resto della vostra esistenza. Una mattina, questa esce per andare a lavoro e la strada, come nella canzone di Guccini, impazzisce. Lei ha un incidente. Le lesioni sono gravissime. La donna finisce su un letto, in stato vegetativo. Non è veramente morta e la vita le scuote appena il respiro, per 31 lunghissimi anni.

Qualcosa di molto simile è capitato a Miriam Visintin, morta di recente, e a suo marito Angelo Farina che, ogni giorno, per 3 decenni, si è recato al capezzale della moglie ad ascoltare il suo oscuro e insondabile silenzio, a chiedersi cosa sarebbe potuto essere della sua vita se solo la donna quel giorno non fosse uscita di casa, per un fortuito caso.

Ecco un incredibile esempio di cosa voglia dire amore: la sfida ultima alla morte, la dedizione oltre ogni ragione. Seduto su una sedia, al cospetto di quel corpo martoriato e privato della sempre ambigua e terribile possibilità che è l’espressione umana, Angelo ha sperimentato il mistero atroce del sentimento: una chiamata a cui non giungerà mai risposta.

Chiunque può amare finché l’altro reagisce e fornisce costanti conferme, ma amare, nel senso più profondo, è stare in attesa di una voce nel più cupo dei vuoti, sacrificarsi al silenzio che sempre mette alla prova la nostra dedizione.

Angelo l’ha fatto, ha scelto di interrogare il mutismo della mera vita, di stringere quella mano pensando che, se un futuro ci fosse stato, la stessa avrebbe potuto rifiutarlo, allontanarlo da sé. Eppure è rimasto, accettando l’enigma, immolandosi ad esso. Angelo ha scelto l’oscuro del sentimento alla certezza solida della vita.

Se il suo esempio commuove è per questo slancio che rasenta la follia ed è il motivo più vero dell’amore: dare, anche a costo di non ricevere niente, non una parola, o un segno, vivere nell’abbandono, in questo desiderio atroce che non può conoscere mai pace e soddisfazione, solo strazio e incertezza.

Come l’uomo o la donna che hanno scelto Dio, egli ha deciso di far perno sulla miseria della propria solitudine per qualcosa che non fornirà mai una giustificazione alla nostra causa. Dalla materia è asceso allo spirito, perché non è solo “fiato, sete e fame, accoppiamento, malattia e morte” come dice la poetessa, ma anche supremo sacrificio a qualcosa che trascende il qui ed ora.

Eccolo dunque l’eterno in terra, la capacità dell’oltre, l’amore come folle volo metafisico al di là della carne, come quello che prende l’amante, oramai riportato senza pietà a sé stesso, che custodisce il suo sentire oltre ogni ragione.

Omnia vincit amor, l’amore vince ogni cosa, la morte, il silenzio, l’orrore della prigione dell’io, lo sgomento. Certo, bisogna avere la forza di non cedere alle lusinghe dell’effimero, al canto delle sirene del quotidiano. Ma, se è vero amore, inequivocabile come l’urlo di una fame che non può essere soddisfatta se non dalla pienezza assoluta, niente potrà fermarlo e il sacrificio assoluto sarà l’estrema beatitudine.