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Milano violenta svela il nesso tra criminalità e clandestini

la nuova bussola quotidiana lorenza formicola Mar 10, 2023

«Potevo essere io». È questo il leitmotiv che serpeggia a Milano all’indomani della spaventosa aggressione di lunedì pomeriggio. Sei persone sono rimaste ferite nel corso di una serie di rapine messe in atto nella zona della stazione Centrale da un immigrato irregolare, intorno alle 17.30. Abrahman Rhasi, 23 anni, marocchino, con precedenti per scippo, ubriaco e armato di coltello: è l’identikit dell’uomo che ha fatto tremare Milano, con la scia di sangue ancora ben visibile per le strade e che assomiglia a quello dei tantissimi clandestini ubriachi e armati che presidiano la piazza della stazione, ormai una delle principali dello spaccio milanese. Fatto grave, e non eccezionale, che pesa come un macigno sulla città. 

Secondo quanto ricostruito dalla Polizia, si è trattato di quattro episodi distinti, compiuti dalla stessa persona, che non ha esitato a usare un coltello per colpire i passanti che gli capitavano a tiro. Due feriti sono stati ricoverati in codice rosso, ma non sono in pericolo di vita. L’aggressore, adesso, è in stato di arresto. Gli agenti gli hanno trovato addosso tre cellulari, qualche contante, una tessera dei mezzi pubblici e un portafogli.

Lo scalo ferroviario più importante del nord Italia dovrebbe rappresentare uno dei biglietti da visita di Milano, invece è territorio abbandonato dall’amministrazione e già occupato da bande di irregolari, quasi sempre con precedenti. Come l’aggressione di lunedì pomeriggio. E come, ormai, accade in tutte le principali città italiane, e non solo.

Milano, infatti, non è un caso isolato. L’esercito di immigrati si rende sempre più spesso protagonista di fatti scabrosi. Le principali stazioni d’Italia sono infrequentabili a qualsiasi ora del giorno e della notte: chiunque è sempre costretto a gimcane tra risse, spacciatori, molestatori, ladri. Poco più di un mese fa, per esempio, a Napoli, nella stazione centrale, andava in scena qualcosa di molto simile a quel che ha inaugurato la settimana milanese. La notizia veniva copiata in maniera pedissequa: “accoltellato uno straniero”.

In verità a Napoli, nella stazione centrale, esattamente in corrispondenza del passaggio, frequentatissimo, dagli utenti di circumvesuviana, metro e alta velocità, cinque immigrati aggredivano un nigeriano che si difendeva con un coltello da cucina. Se non fosse stato per la polizia ferroviaria, la scia di sangue che ha sfiorato i passanti, sarebbe stata lunga. Tutti irregolari, tutti con precedenti e che probabilmente litigavano tra di loro per il bottino di una rapina. Nella banda di rapinatori c’era anche un 35enne di Maddaloni che aveva partecipato alla rapina usando un mattone. 

È da tempo che a piazza Garibaldi, a Napoli, la situazione è completamente fuori il controllo dello Stato. Oltre a degrado e illegalità, è la violenza ad assumere connotati sempre più preoccupanti. Specie se si considera che la cosa non pare interessare la stampa, oltre la cronaca locale striminzita. Era lo scorso ottobre, poi, quando due gruppi di immigrati irregolari, in via Marina, non troppo lontano dalla stazione centrale, si sono affrontati a colpi d’ascia

E ancora pochi mesi fa, veniva scoperta una rete criminale, sempre a Napoli, dedita alla duplicazione e falsificazione di identità. Documenti tutti destinati a clandestini stranieri. Quattro gli arresti, circa settanta le perquisizioni in tutta Italia. Indagini nate immediatamente dopo l’attentato terroristico del 2016, ai mercatini di Natale di Berlino. Le conoscenze e le relazioni di Amis Amri – il terrorista di Berlino – vennero all’epoca analizzate, e solo dopo sei anni s’è arrivato a scoprire la rete di documenti contraffatti per il favoreggiamento all’immigrazione clandestina, di cui aveva beneficiato lo stesso Amri. 

Dagli anni ’90 in poi, l’Italia è diventata punto di arrivo per migliaia di immigranti, dall’Est Europa prima, dall’Africa Subsahariana e dal Medio Oriente dopo. Secondo i dati del Viminale, dal primo gennaio 2022 al 30 dicembre sono arrivate 105.104 persone, contro le 67.477 del 2021, le 34mila del 2020 e 11.471 nel 2019. I Paesi di origine dei migranti sono soprattutto Egitto, Tunisia, Bangladesh, Siria e Afghanistan.

Oltre il 50 per cento dei clandestini giunti in Italia via mare sono cittadini di Egitto, Tunisia e Bangladesh, provenienti, quindi, da Paesi sicuri, e che non hanno alcun titolo per restare in Italia. Nel 2022, oltre 13 mila sono stati i minori non accompagnati: quanti, con una auto dichiarazione, hanno affermato di essere minorenni senza mai subire verifiche e controlli circa la reale età. Al 31 dicembre 2021 erano stati poco più di 10.000.

Negli ultimi tre decenni il numero di immigrati in Italia è aumentato di 8 volte, da 625 mila a 5 milioni. Quadro dalle tinte fosche se ci si concentra sugli irregolari. Quanti cioè, costituiscono certamente una quota minoritaria degli stranieri sul territorio, ma che rappresentano più dei due terzi degli stranieri arrestati per reati gravi. 

Secondo l’ultimo rapporto Ismu sulle migrazioni 2022, pubblicato il 1 marzo 2023, gli immigrati irregolari sono l’8,4% della popolazione residente. Al 30 giugno 2022 il 31% dei detenuti nelle carceri italiane è straniero, nel 1991 erano il 15,13%. Il 27,4% degli stranieri è dentro per reati contro il patrimonio, il 30,9% per reati contro la persona e il 31,5% per droga. I dati diffusi dal Ministero della Giustizia raccontano, quindi, che un terzo del totale dei reati è commesso da extracomunitari: una propensione al crimine circa quattro volte superiore rispetto agli italiani, considerando soltanto il numero di detenuti stranieri sul totale nelle carceri italiane. 

Il legame tra immigrazione e criminalità esiste.

Si parla tanto di accoglienza, ma chi arriva in Italia sparisce nel nulla che avanza. Non si sa chi è, da dove viene, dove va, perché è qui e a fare cosa. Giovani, spesso giovanissimi, abbandonati a se stessi. E le stazioni centrali di tutte le principali città italiane sono l’esemplificazione di una situazione che non ha niente a che fare con l’accoglienza e l’inclusione, ma solo con un finto buonismo che sfocia in delinquenza e disperazione. 

L’etica vorrebbe che sicurezza e libertà di tutti fossero tutelati. La logica chiarisce che se facciamo entrare tante persone senza controlli, poi è impossibile far riuscire chi non ha i requisiti. E la sicurezza diventa utopia.