TE

Mascherina, Minigonna e Passa la Paura…Il Corpo ha il Suo Linguaggio.

marco tosatti veronica cireneo Apr 22, 2023

Nell’estate del 2022, un caldo infernale, quando ancora le mascherine erano più o meno obbligatorie, mi trovavo di Domenica in una chiesa, quando alla fine della Celebrazione Eucaristica Solenne in Vetus Ordo, la gran parte dei fedeli fanno per uscire.

Quello è il momento in cui arrivano i turisti.

Avevo terminato le mie preghiere di ringraziamento e stavo per uscire, quando genuflessa ai piedi della porta d’ingresso principale, per effettuare l’ultimo saluto a Gesù con il Segno della Croce, quasi calpestata da quattro bei baldi giovani sulla ventina, due ragazze e due ragazzi entrati allegramente, noto due gambe nude che non finivano più, man mano che rialzavo lo sguardo e le ginocchia da terra.

Posta in piedi, mentre i ragazzi schiamazzavano, la giovinetta dalle gambe lunghe e poca stoffa, fa per dirmi qualcosa.

Prima che proferisca parola e catturatale l’attenzione visiva, dopo averle dato un’occhiata palese dalla testa ai piedi, su e giù per un paio di volte, perché capisse dal gesto quello che per carità avrei omesso nelle parole, verbalmente incalzo, precedendola.

“Scusi signorina, lei sa che questa è una chiesa, vero? Bene. Vorrei ricordarle che in chiesa si viene per adorare il Corpo di Cristo – indicandole col dito il Tabernacolo. Il Corpo di Cristo, signorina, si viene ad adorare qui. Non il suo! Fuori c’è un cesto contenente dei veli. Esca cortesemente, si copra e ritorni qui, come si deve. Grazie”

Filtrata dal tessuto di una mascherina che non esiterei a definire ascellare vista l’altezza con cui si dipanava su quel viso di cui mai conoscerò i tratti, infuriata giunge la risposta: “Dice a me? E con quale coraggio?! Lei che non ha nemmeno la mascherina!!! Si vergogni!”

E tutta arrabbiata se ne va – con la balda ghenga – da dove era venuta.

Rimasta sola, inebriata dal profumo di incenso che copioso volteggiava ancora nel volume dell’intero edificio, fino alla cupola, mi inginocchio di nuovo. Porto gli occhi al Tabernacolo. Chiedo perdono per me e per tutti. Rifaccio il Segno della Croce.

Mi alzo, tolgo il velo muliebre e vado a pranzo, mentre camminando mi domando cosa abbiano di così attraente questi sulfurei tempi moderni da preferire l’odore di zolfo a quello dell’incenso.

Tempi che sballano le categorie mentali per intero senza porre argine al delirio che nel rovesciamento categorico consueto chiamano diritto ogni delitto e retrograda chiunque custodisca l’equilibrio dell’equita’.

Siamo stati giovani tutti, ma a noi è stato dato di esserlo quando si aveva ancora un’idea dell’opportuno e dell’inopportuno. Tassello sottratto dalle coscienze col tracrollo della morale, contro il quale padre Pio interveniva spesso con la consueta terapia d’urto.

In casi simili infatti con parole tipo:”Vatti a vestire, scostumata! Oppure: ti taglierei le braccia. Le carni nude bruceranno” allontanava dal confessionale le donne che non portavano la gonna lunga almeno fino ai polpacci, mandandole via senza assoluzione.

Diceva che ciascuno deve vestire secondo le proprie possibilità, ma pur sempre con l’intenzione di piacere soprattutto agli angeli. Tu chiamalo retrogrado, se vuoi. Ma a me è piaciuto ricordarlo.

Manca molto per rivedere sulle porte delle chiese i cartelli con su scritte almeno le norme estetiche basilari sul comportamento corretto da tenere in chiesa? Grazie