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L'erba del vicino è sempre più verde

educazione religione silvana de mari Jun 01, 2023

Contro il Buddismo: Il volto oscuro di una dottrina arcana è il titolo di un imperdibile saggio uscito nel 2018 per Fede e cultura, di Roberto Dal Bosco. I lati oscuri sono moltissimi, a cominciare dal fortissimo e giustificato legame ideologico con il nazismo. Eppure il Buddismo va per la maggiore, presentanto come un batuffolo di panna montata, tutto dolcezza e frasi da cioccolatini.

In fatto è che l’erba del vicino è sempre più verde.

Il motto è stato anche il titolo di un celeberrimo film dove Debora Kerr per qualche insensato istante preferiva un sia pur ricchissimo Robert Mitchum a un ben più strepitoso, seppur spiantato, Cary Grant. Erano i tempi ormai sepolti in cui il cinema non cercava di istillare inclusiva e sostenibile dottrina, ma svolgeva il vecchio sacro ruolo del cantastorie: offrire un onesto svago, con l’informazione che alla fine la vita è bella e il matrimonio e la famiglia ne sono il pezzo migliore. Gli scontenti hanno un’incapacità assoluta ad apprezzare il meglio delle loro vite. Tengono l’attenzione ottusamente concentrata su tutto quello che non funziona, e da qui nasce l’impressione che quello che hanno gli altri sia meglio. Il motto giustifica anche l’odio di sé, l’odio per la propria famiglia, l’odio per la propria gente, l’odio per la propria terra, l’esterofilia snobistica. La capacità di riconoscere che qualcosa che appartiene ad altri è migliore di quello che abbiamo noi, è una forma di saggezza. Non ho difficoltà a riconoscere che gli svedesi sono molto più bravi di noi a cucinare le renne e i thailandesi sono molto più bravi di noi a cucinare i serpenti. Il problema è preferire il peggio al meglio. Che un popolo che ha dato al mondo gli spaghetti con le vongole e il risotto alla marinara si metta in coda per mangiare l’ottuso, insipido e sempre uguale a se stesso sushi, dopo averlo cosparso di una roba verdastra che ti brucia la gola per annientare qualsiasi sapore, è una forma di snobismo esterofilo.  L’odio per la propria religione è un must per gli snob culturali locali dai tempi dell’Illuminismo.  La società occidentale nasce dal cristianesimo fondendo l’infinita potenza della spiritualità biblico evangelica con la filosofia greca, con il diritto romano e con la violenza e potenza dei barbari che ci hanno dato la ferocia e la capacità militare necessarie a resistere allo scontro con l’Islam. L’Islam, invece, è riuscito a distruggere e cancellare il cristianesimo nei luoghi dove il cristianesimo era più civile ed educato che da noi, Medioriente e Nordafrica. Siamo quindi una società spirituale, duttile, pragmatica e violenta, siamo coloro che hanno costruito cattedrali e prodotto più arte, più scienza, più filosofia, più musica, letteratura e più giocattoli(quest’ultimo particolare non è così irrilevante) di tutte le altre società sommate. Siamo, anzi eravamo, una civiltà invincibile che poteva essere abbattuta solo per suicidio. Il disprezzo per la nostra religione, caposaldo della sottocultura woke, non tollera il cristianesimo, reo di non essere stato perfetto, e si innamora di religioni altrui, di cui ignora tutto e soprattutto i terrificanti lati oscuri. Il disprezzo per cristianesimo nasce con l’Illuminismo, prospera con il comunismo, vale a dire il socialismo internazionale, figlio legittimo del marxismo, raggiunge il suo apogeo con il nazismo, vale a dire il socialismo nazionale, figlio bastardo ma sempre figlio del marxismo. Il comunismo e il nazismo sono stati movimenti religiosi messianici e salvifici. Non più tenuta a freno dal cristianesimo, la ferocia si è scatenata a livelli inimmaginabili. Il cristianesimo fu poi abbattuto nel ’68, ci fu in quegli anni l’abolizione dell’anima. L’abolitione de l’ame, l’abolizione dell’anima, è il titolo del saggio del filosofo francese Robert Redeker, l’unica voce che si alzò tra gli intellettuali europei a difendere Benedetto XVI.  Dopo la lectio sull’Islam tenuta all’Università di Ratisbona, Ratzinger fu minacciato di morte dal Jihad islamico, e trattato da povero pazzo dalla stampa occidentale. Come rappresaglia al suo discorso fu assassinata Leonella Sgorbati  suora missionaria in Somalia, e innumerevoli altri cristiani nelle terre dell’islam. Robert Redeker  scrisse un articolo su Le Figaro a difesa sia del diritto di parola del Papa sia del contenuto del suo magnifico discorso. Da allora deve vivere come un fantasma e come un recluso. L’Europa ha eroicamente conquistato il diritto di un uomo di dichiararsi donna e gareggiare in gare femminili, ma non il diritto di parola per il  Papa o  Robert Redeker. Nel suo saggio sull’abolizione dell’anima Robert Redeker parla della scristianizzazione violenta degli anni ‘60, ancora più radicale e definitiva di quella seguita alla rivoluzione francese. Lui nomina alcuni pessimi maestri, Foucault, Deleuze, Lyotard, Derrida. La scristianizzazione in realtà avvenne dal basso. Furono attori, registi e soprattutto cantanti quelli che riuscirono a compiere questo incredibile scempio. I Beatles hanno avuto nell’immaginario collettivo molto più importanza di Foucault, ed è stata un’importanza in parte creata, in parte fu artificiale. I Beatles furono i primi di innumerevoli ad innamorarsi prima dell’induismo, poi a cominciare a flirtare direttamente con il satanismo. E grazie sia ai pessimi filosofi, sia alla simpatia ispirata dalle nazioni dei petrodollari (siamo certi che nessuna corruzione ci sia stata. I burocrati dell’Unione Europea sono incorruttibili) che l’Europa diventa violentemente anticristiana, al  punto da ospitare nelle sale del potere mostre blasfeme. Nel 1974 vengono firmati primi trattati dove si dichiara che tra gli scopi della comunità europea c’è l’islamizzazione del continente per immigrazione massiva e per modificazioni delle linee culturali. Modificazioni delle linee culturali vuol dire scristianizzazione.  Se alcuni pessimi filosofi hanno scritto le linee culturali della scristianizzazione  dell’Europa, il mondo dello spettacolo e della musica si è invaghito delle religioni orientali. Il primo amore è stato l’induismo,  una religione durissima che fa l’operazione inversa del cristianesimo. Con l’idea della reincarnazione leva dignità al dolore ed elimina qualsiasi forma di compassione. Se qualcuno è nato povero e malato, sta scontando colpe precedenti. L’induismo affermava serenamente la necessità di bruciare le vedove sul rogo funebre del marito. Come è stato possibile che una civiltà che aveva affermato da sempre non solo la dignità ma anche la potenza catartica del dolore, si sia fatta affascinare da tutto questo? Come è stato possibile che il fascino ispirato da gnomi del pensiero come i Beatles, da improbabili maestri come Osho, collezionista di  Roll Roys, 93, di tutte le possibili sfumature, e condannato per varie truffe, abbia spinto sempre più occidentali a dar via il posto del figlio di Dio, conquistato attraverso la Passione di Gesù Cristo, per essere un altro bambino all’orfanotrofio oppure qualcuno che ha solide possibilità di reincanrnarsi in uno scarafaggio. Oggi la straordinaria cotta è per il buddhismo. La gente che conta è buddista. Il buddhismo in realtà è una cultura di morte. Nel buddhismo tutta la realtà è considerata un utile e doloroso miraggio. È spiegato con chiarezza in uno dei fondamentali testi sacri, il Dhammapada : contempla questo mondo come una bolla d’acqua, guardalo come miraggio. Dato che tutto è illusione, non esiste il bene e il male. Molti sono rimasti scandalizzati dall’episodio in cui il Dalai Lama si fa succhiare la lingua da un bambino, ma nel buddhismo tantrico ogni cosa è permessa, il sadismo, l’abuso su bambino, la violenza e la tortura. Il grandissimo fascino che il buddhismo ha ispirato agli ideologi del nazismo, nasce proprio da questa comune mancanza di volontà a distinguere il bene dal male. Se tutto è un sogno, se Dio non c’è, tutto è permesso. Nel Tibet i monaci erano i proprietari delle persone. I monaci erano signori feudali che avevano diritto di vita di morte sui contadini. Il buddismo spesso viene descritto come privo di aggressività e crudeltà. Il Buddha è ovunque, come soprammobile, dalle SPA ai negozi di fiorai. In realtà dietro la grande pace del Buddha si nasconde l’assoluta indifferenza al dolore. Gengis Khan, i giapponesi della seconda guerra mondiale, Pol Pot erano buddisti. Nel cristianesimo il discorso più importante è il discorso della montagna. Nel buddhismo il discorso più importante è il sermone del fuoco. Buddha dichiara che il mondo sta bruciando e non esiste acqua per spegnere l’incendio, quindi quello che è necessario fare è staccarsi della vita dei sensi così da ignorare il dolore. La vita non è un valore del buddhismo. Nel buddhismo la sofferenza invade tutto, anche perché una volta che non c’è Dio, non c’è la speranza, non c’è nemmeno la capacità di trovare la gioia. Il bimbo cancellato dal ventre si è risparmiato un po’ inutili sofferenze del nulla. Il disprezzo per cristianesimo, il guardarlo dall’alto in basso, permette a qualsiasi mediocre scrittore o scrittrice di sentirsi superiore a Dante, Shakespeare, Ariosto, Manzoni, Tolkien, Eugenio Corti e migliaia di grandissimi altri. Una tentazione notevole.

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