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Europa dei popoli e delle "heimat"

davide lovat Mar 18, 2023
Oggi mi sono trovato a contemplare la carta geografica d'Europa dopo un po' di tempo che non mi capitava e ho cominciato a ripensare a tutti i viaggi fatti in passato nelle varie capitali continentali. Guardavo i punti di partenza (gli aeroporti di Venezia o di Verona, essenzialmente) e infine ho pensato alle volte che sono andato all'estero in automobile o in pullman e... Sbadabam! Mi sono accorto che gran parte di questi viaggi sono stati più brevi di quelli fatti verso Roma, per esempio. Non parlo di Parigi, Londra o Madrid, belle città sicuramente più lontane di Roma dal mio Veneto, ma parlo di tutte le capitali della Mitteleuropa o dell'area Alpina.
Così, per gioco, mi sono messo a misurare le distanze tra la città posta al centro del Veneto, cioè Padova, e le capitali o i grandi capoluoghi dell'area più prossima al confine alpino ed ecco la risposta basata su dati oggettivi: SIAMO PIU' VICINI ALL'EUROPA CHE ALL'ITALIA.
Propongo qui sotto i dati rilevati con Google Map:
Padova - Lubiana (Slovenia) = 268 km
Padova - Vienna (Austria) = 610 km
Padova - Zagabria (Croazia) = 403 km
Padova - Monaco di Baviera = 510 km
Padova - Berna (Svizzera) =529 km
Poi è interessante misurare anche la distanza dai principali centri del sud Italia:
 Padova - Bari (Puglia) = 784 km (Lecce a 931 km)
Padova - Napoli (Campania) = 691 km
Padova - Potenza = 772 km
Padova - Reggio Calabria = 1165 km
Padova - Palermo = 1390 km
 La domanda che mi sorge spontanea ora è: nel XXI secolo, globale e interconnesso, per quale ragione dovremmo stare nello stesso Stato assieme a territori con problemi ed esigenze completamente diversi e assai più lontani di altri che sono considerati stranieri? Solo per continuare a rimestare e riproporre la retorica nazionalista di un nazionalismo peraltro artificiale e completamente superato culturalmente? Che senso ha uno Stato così grande? Non sarebbe meglio la dimensione di Slovenia, Austria, Croazia, Svizzera? Sarebbe tutto più efficiente, più vicino, più controllabile e più partecipato. I discorsi relativi a lingua e cultura sono privi di fondamento, poiché l'identità italiana è notoriamente artificiale e costruita a tavolino. In Italia esistono diverse culture e diverse popolazioni, un paio di popoli storici e un'eredità straordinaria di bellezza nella diversità che merita di venire riscoperta e valorizzata anche attraverso la dimensione politica e istituzionale.
Per resistere alla tendenza accentratrice del totalitarismo mondialista è oggi quanto mai opportuno proporre un modello di Europa non unionista, ma semmai pensata in chiave confederale sul principio delle "Heimat", cioè delle "piccole patrie affettive, storiche e culturali", facendo prevalere i due grandi princìpi - affermati anche dalla Dottrina Sociale della Chiesa, oltre che dai trattati internazionali e dai manuali di democrazia - della sussidiarietà e dell'autodeterminazione dei popoli.
Quanto più democratico, efficiente, bello e dinamico sarebbe un continente organizzato su una sorta di "modello istituzionale svizzero" su scala europea? Piacerebbe a tutti, tranne a mafie, lobbies, potentati politici e multinazionali. Motivo in più per convincersi a combattere civilmente e politicamente in questa direzione!
Che poi la terra è sempre la stessa e i confini politici sono sempre cambiati lungo la Storia. Sono le persone che fanno la differenza e sono le persone, con il loro diritto alla libertà e alla felicità massima possibile, la sola cosa che conta in politica. Viva le piccole patrie che valorizzano i territori, abbasso gli Stati centralisti e omologanti che diluiscono la cultura e restringono la libertà.